(VERGOGNE PICCOLE E GRANDI) – Grande protagoniste di lotte progressive nel nostro paese il sindacato. E, col tempo, anche grande protagonista di una irritante involuzione, che si è tradotta in tante piccole persone che si esprimono con un linguaggio rituale e difendono con protervia l’orticello delle loro rendite di posizione. Specie nel pubblico impiego.
La scena si svolge nella stanza di un dirigente di un dipartimento pubblico, chiamiamolo KZ. “Verranno i sindacati per un confronto!” gli avevano annunciato i suoi impiegati per allertarlo, per consigliargli di preparare l’opportuna “mediazione” e, tra le righe, chiedergli di difenderli dalle rivendicazioni, fatte in loro nome, dei rappresentanti sindacali. Durata prevista dell’incontro: per tradizione non meno di 6-7 ore. Arrivano in parecchi di parecchie sigle. Molti i temi sul tavolo.
Il primo: l’impiegata XY aveva vinto un concorso, passando così dal 6° al 7° livello. Per contratto doveva diventare responsabile di un ufficio. Dato che il suo dipartimento non aveva al momento un ufficio senza responsabile, KZ aveva deciso, con un ordine di servizio, di istituire un nuovo ufficio monouomo, anzi monodonna, per continuare ad avvalersi del lavoro di XY, impiegata assai brava. Ma, dicono i rappresentanti sindacali, l’ufficio non può essere fatto da una sola persona, ne va della professionalità. Quindi, per difendere la dignità professionale di XY, KZ avrebbe dovuto lasciarla andare in un altro dipartimento dove c’erano uffici disponibili. XY, da notare, non aveva alcuna voglia di andarsene ed era molto contenta della decisione di KZ. Il quale obietta: “Quindi, per trattenere XY, avrei dovuto fare ogni sforzo per farle perdere il concorso?”. “Ah!”, rispondono i sindacati, testualmente: “Lei ragiona con una logica normale, di lavoro, di gradimento della lavoratrice; per noi non va bene, noi dobbiamo ragionare con una logica sindacale!”.
La discussione continua su molti altri punti ugualmente surreali. Alla fine KZ dice: “E’ stato utile e interessante, ma io non darò seguito alle vostre richieste e andrò avanti su tutto come deciso”: “Ahhhh!!!”, rispondono i sindacati, “lei così rifiuta la mediazione!” (il che pare sia il più grande delitto di cui ci si possa macchiare). “No”, risponde a sua volta KZ, “io non faccio quello che voi mi chiedete, non perché sia la controparte autoritaria, ma perchè quello che voi mi chiedete di fare è immorale, e io le cose immorali non le faccio”. Silenzio intorno al tavolo. “Come vuole; si assume la responsabilità di quello che dice e fa. La salutiamo”.
La storia ovviamente è vera. Per anni, fino alla fine del suo incarico, KZ non è stato mai più visitato dai sindacati, che non hanno rivendicato mai più niente, con grande gaudio di tutti gli impiegati e funzionari del dipartimento.