Per un cattolico conservatore, mi si consenta questa strausata e certo sommaria terminologia, diciamo, per capirci, per un cattolico che ritiene che il cristianesimo-cattolicesimo sia soprattutto dottrina e non, anche qui tanto per capirci, amore, il papa è intoccabile, financo infallibile (nelle cose appunto di dottrina), unto e investito dal Signore. Se il nostro conservatore disapprova quasi in toto quello che un papa fa, come può trovare un percorso che lo autorizzi a sostenere che tale papa non solo sbaglia ma anzi lavora attivamente alla catastrofica rovina della Chiesa?
Semplice: sostenere che un tale papa “non vale”, che la sua elezione è stata irregolare. Dal che deriva, con ferrea logica dottrinale, che non ha l’investitura a operare correttamente da parte di almeno due delle tre persone della SS. Trinità: Dio e lo Spirito Santo.
A questo punto tutto torna. Essendo l’elezione di Bergoglio irregolare (per una questione di foglietti ripiegati o meno), gliene si può dire di tutti i colori senza ledere l’autorità papale: dice cose dottrinalmente sbagliate, sconcerta i fedeli, indebolisce il cattolicesimo, si sottomette alle altre fedi religiose cristiane e non. E, tanto per non farsi mancare nulla, è anche ignorantello (un perito chimico!) e un po’ isterico e cattivetto caratterialmente. Con una analisi sottile e allusiva si può perfino vagamente suggerire che possa essere strumento di Satana, se non addirittura l’Antricristo.
Tutto questo viene sostenuto dal noto giornalista Antonio Socci nel suo recente libro Non è Francesco. Francesco quindi, conclude Socci, dovrebbe ritirarsi e, in ogni caso, il collegio cardinalizio dovrebbe (dovrà!) procedere a un nuovo conclave.
Non sono in grado di discutere la vicenda giuridico-formale, analizzata puntigliosamente da Socci, sulla base della quale l’elezione di Papa Francesco non sarebbe valida. Espongo solo qualche riflessione, magari po’ general-generica, che le posizioni come quelle di Socci mi suscitano:
1. Un certo cattolicesimo conservatore è sempre soffertamente vittimista: noi, i pochi veri cattolici, votati alla verità, forti e fedeli in un mondo cui diamo fastidio e che ci perseguita. E se qualche cattolico, tipo Francesco, ottiene consenso e ha successo, questa è la prova maxima del suo errore. Non sembrerebbe proprio che a parlare così sia l’esponente di una struttura tuttora potentissima nel mondo e che per secoli ha perseguitato brutalmente i “non allineati” alla sua dottrina. E la carriera di Socci del resto non è proprio quella di un emarginato dal laicismo cattivo.
2. Un libro come quello di Socci rivela, anche qui come sempre nelle posizioni dottrinali e intellettuali di questo tipo, un fastidio insopprimibile verso la libertà di coscienza, durissima e incompletissima conquista di secoli di lotte. Fino al paradosso veramente surreale della “dittatura del relativismo”, su cui qui non mi dilungo. Tipico è anche il finto compiaciuto stupore con cui Socci racconta come sulle posizioni più illiberali della Chiesa ci sia stata non di rado la convergenza con intellettuali di sinistra, addirittura marxisti, tra i quali cantori di Togliatti e teorici del moralismo anticapitalista. E ci mancherebbe: marxismo (specie se filosovietico) e un certo cristianesimo convergono alla grande nell’aborrire la libertà individuale, soprattutto (vedi il punto 3) la libertà “dei costumi”.
3. Infatti, e qui andiamo sullo psicanalitico, alla fine tale conservatorismo si arrovella rabbioso contro il sesso: divorzio, famiglia e, strettamente connesso, il peccato della carne, sono i temi su cui Socci insiste per pagine e pagine quasi ossesivamente, definendoli lui stesso la questione delle questioni.
4. Il lato misericordioso del cristianesimo è cosa insignificante rispetto al rigore dottrinale: anzi rischia di diventare l’anticamera per l’aborrita libertà di coscienza (e di rapporti sessuali).
Mi scuso della lunghezza e concludo: ma certo che è Francesco! L’unica strada che una Chiesa così devastata poteva percorrere per farcela, era quella di riproporre le cose che la maggior parte dei fedeli e non (il consenso del mondo? Orrore!) vuole sentirsi dire e che da troppo tempo non si sentiva dire: la tolleranza, l’affettuosità, il fare il bene al prossimo. Back to the basic, direbbero gli anglo-sassoni: insomma il classico ama il prossimo tuo come te stesso, che è un’ alternativa forse utopica e perdente in un mondo dove tutti si combattono e si ammazzano sempre di più, spessissimo in nome di Dio, ma che è un bene, anzi un benissimo, che qualcuno porti avanti, anche magari con qualche rischio dottrinale.