Ho assistito all’assemblea fondativa (ringrazio per l’invito) di Italia Unica, il nuovo partito ispirato e guidato da Corrado Passera. Fino a poco tempo fa l’iniziativa dell’ex banchiere ed ex ministro appariva ai più come ennesima del genere e velleitaria. Adesso l’avventura appare assai meno improbabile. Brevemente propongo un elenchino di più e meno sul terreno politico e su quello comunicativo.
PIU’ – Il centrodestra berlusconiano sembrerebbe proprio in via di dismissione e, con il cavaliere che perde smalto, Forza Italia è destinata a diventare terra di conquista per partiti moderati e non.
PIU’ – Se Passera e i suoi pensano al classico partito serio ed equilibrato terzaforzista di centro, il fallimento è garantito. Se invece puntano a creare un partito ampio di centrodestra (“a vocazione maggioritaria” si sarebbe detto qualche tempo fa) che lotti per il governo con un partito ampio di centrosinistra, la cosa può avere un senso. E ieri Passera proprio questo mi pare che abbia detto. Ciò comporta molte conseguenze sul piano strategico e comunicativo.
MENO – Passera non è un homo novus, un brillante manager che si butta in politica con conseguente carica di novità. E’ stato ministro, anzi superministro, di un governo che, dopo aver salvato l’Italia (ne sono convinto) è divenuto altamente impopolare.
MENO – Passera è un uomo dell’establishment. Ma, nota bene, non un ricco popolar-maradoniano come Berlusconi, che piace alle masse, quanto piuttosto una persona che trasuda salotti milanesi, posti degnissimi ma che in genere non piacciono alle masse.
PIU’ – Passera però è una persona penso di poter dire credibile, che ha fatto cose vere nella vita; quindi non un proclamatore-annunciatore. Su questo deve puntare. La gente in Italia si butta sui caudilli chiassosi ma poi dà anche fiducia a chi trasmette serietà vera. Aveva dato fiducia al prof. Monti prima che i partiti ringalluzziti cominciassero a massacrarlo e prima che lui facesse parecchie sciocchezzuole politicamente parlando.
MENO – Il programma è più che ambizioso. Alla domanda cruciale sulle coperture finanziarie per attuarlo né il libro di Passera né la convention di ieri hanno dato risposte del tutto convincenti. (Ma tocca con precisione tutti i punti critici del paese).
PIU’ – Buona la strategia sul territorio. Ovviamente se tutto quello che è stato detto è vero, anche quantitativamente.
MENO – Brillante il discorso sui quattro populismi (Berlusconi, Grillo, Renzi, Salvini – ma a onor del vero mi pare che Renzi sia meglio un po’ parecchio come livello di discorso politico). Debole però la critica ai partiti dell’uomo solo al comando: Italia Unica è, per ora, assolutamente un partito persona. Sarà importantissimo far emergere sin da subito (il contrario di quello che ha fatto Grillo) un gruppo dirigente spendibile davanti alla gente e ai media.
COMUNICAZIONE – Comunicativamente Passera in questi mesi è migliorato; gli manca ancora molto da fare. Ma deve stare attentissimo a tenere la barra dritta sulla credibilità e capacità, senza buttarsi sul versante del “piaccio al popolo e lo trascino”. Non è il suo mestiere e sarebbe stonato e controproducente. Quanto al programma dovrebbe elaborare una strategia comunicativa essenziale: vogliamo fare questo, che costa così e così, pagandolo così e così. Formule brevi, ripetute ma non pubblicitarie: concrete, precise, scandite, misurabili, controllabili.
MORALE DELLA FAVOLA – In un paese che non si fida più di quello che dicono i politici ma che poi vota gli omini forti, un uomo come Passera, un po’ legnoso ma col suo sorriso buono da primo della classe solidale, con le sue intenzioni serie e nel contempo rivoluzionarie, la sua voglia contagiosa di ridare all’Italia fiducia in sé stessa, e con molta vigilanza sul versante comunicativo, ce la può fare. E con lui ce la possono fare coloro che credono nel progetto.
Ce la può fare a far che? Non sto dicendo a vincere (buon per lui se ci riesce) e non sto affatto formulando auspici in questo senso. Sto dicendo a creare un partito moderato -e innovativo- “normale” (qualcuno ricorderà il paese normale invocato da Massimo D’Alema) in grado di prendere voti veri e di contendere la maggioranza a un partito progressista “normale” (che, pur con tutte le isterie italiane, più o meno già c’è).
Con l’intento comune, tutti e due, di togliere il terreno sotto i piedi alle demagogie generate, come è logico che sia, dalla crisi e dalla pochezza della politica. E non demonizzandole a parole ma risolvendo i problemi che le alimentano. L’Italia ringrazierebbe tutti e due.