Riepiloghiamo le due puntate precedenti:
Cercare di analizzare, in maniera seria e onesta, le meccaniche oggettive e i fenomeni “fatali” di un grande fenomeno di immigrazione non significa razzismo (o truce egoismo).
Cosa possano fare realisticamente l’Italia o anche l’Europa per arginare il fenomeno non è dato sapere, e infatti nessuno lo sa. In fondo tutte le soluzioni sparacchiate finora non si differenziano molto da quelle salviniano-santanchesi, tipo blocco navale, distruzione dei barconi, lotta ai criminali schiavisti, accordi con i paesi d’oltre mare etc. Ma non credo siano praticabili.
E ancora: i già milioni di immigrati presenti sul nostro territorio sono destinati, per il combinato disposto dei continui arrivi e della demografia, a diventare una parte sempre più consistente della popolazione. Fino a quanto, mi sono chiesto nel primo articolo? Vivendo in una situazione difficilissima, i più terranno comportamenti assolutamente consueti nella loro negatività sociale (li terrebbero tutti coloro che si trovassero a vivere situazioni così pesanti, indipendentemente da razza, cultura, religione), per sopravvivere, difendersi e poi non di rado aggredire. Ne deriveranno fortissimi scompensi nella nostra società, che non è in grado di offrire lavoro e dignità alla maggior parte di loro. Con in più la vergognosa appendice del razzismo becero, che oggi trova nel web il suo brodo di coltura.
Proseguiamo:
La maggior parte degli immigrati apparterrà in maniera crescente a una cultura/religione che al momento è un tipico pensiero “forte” e che vuole essere integralmente antagonista a quella laico-occidentale. La maggior parte di questa maggior parte, che pure è fatta di persone normalissime che vorrebbero lavorare e vivere normalmente, sono e saranno dominate dalle frange radicali, non fosse altro che per paura. E c’è senz’altro chi usa disperazione e fame dei propri concittadini o correligionari come elemento per destabilizzare l’Europa.
Le nostre società invece sono caratterizzate (in sé la cosa è bella e positiva) dal “pensiero debole”: dubitiamo, esercitiamo la critica, chiediamo scusa agli altri popoli, proponiamo di non festeggiare il Natale per non offendere i bambini di altre religioni, etc etc.
E ancora: la democrazia, come si sa, per sua stessa essenza prevede in sé le modalità e le procedure per la propria autoestinzione: se un parlamento democraticamente eletto decide di abolire libertà e democrazia può farlo (del resto fascisti e nazisti, al tempo loro, hanno vinto le elezioni). E nel momento in cui fosse in grado di farlo, ovviamente le corti costituzionali conterebbero ben poco.
Mi ripeto: per me, essere umano e in più uomo di mare, il soccorso in mare è sacro. Respingere i barconi è cattivo oltre che irrealistico (al primo che affondasse per “colpa” di una nave italiana che succederebbe?). Non dare una se non altro basilare accoglienza è inqualificabile oltre che politicamente surreale. Non dare possibilità di mobilità verticale, precludere la cittadinanza, non dare la speranza, significa allevarci una bomba in seno. La società multietnica è spesso vivace ed espansiva.
L’importante, a mio avviso, è però che ci rendiamo ben conto di quello che potrebbe aspettarci e che valutiamo per bene cosa siamo disposti a mettere sul piatto del rischio in nome dell’accoglienza, dei nostri valori, del rispetto per altri esseri e del rispetto per le nostre regole e procedure democratiche.
Perché tra non moltissimo qualcuno metterà in discussione anche da noi, e lo farà magari fondandosi su numeri grandi fuori e dentro il parlamento, le cose per cui nelle nostre società ci si è battuti negli ultimi secoli: la libertà di pensiero e di parola, la separazione tra religione e Stato, la laicità, i diritti dei lavoratori, la parità tra uomo e donna.
Spero di sbagliarmi e, come tutti, non so proprio quello che succederà. L’unica cosa che so è che vorrei vivere i giorni che mi restano in un paese dove le donne possano avere ancora il vento nei capelli.