Un giorno sul litorale toscano sbarcano delle persone e dicono ai locali: “Dovete andarvene perché questa, più o meno duemila anni fa, era la nostra terra”. “Ohibò!”, fanno i Livornesi e i Pisani (per una volta d’accordo), “E voi chi sareste?”. “Gli Etruschi“, rispondono gli sbarcati.
I Livornesi e i Pisani non gradiscono, si oppongono, ma alla fine sono costretti ad andarsene, essendo gli Etruschi più progrediti, forti e attrezzati. Nei decenni precedenti del resto Livornesi e Pisani avevano anche venduto loro un sacco di terre. Ma gli Etruschi per il vero non sono banalmente prepotenti; sono invece incazzatissimi e disperati perché per secoli e secoli gli abitanti del continente Europa li hanno perseguitati, ghettizzati, uccisi; fino a che uno dei popoli del continente Europa si era messo in testa di sopprimerli tutti atrocemente e in buona misura ci era riuscito.
Inizia così una lotta materiata di odio inestinguibile: da un lato gli Etruschi che hanno deciso di non stare mai più fermi a farsi massacrare e quindi si vogliono organizzare in uno stato forte e in grado di difendersi sulle terre dei loro avi; dall’altro Livornesi e Pisani che dicono che quelle terre sono la loro casa da 1400 anni e che si trovano all’improvviso nella condizione di profughi.
Ho raccontato in varie occasioni a miei amici ebrei questa paradossale storiella, riferendomi ovviamente alla tragedia senza fine che oppone Ebrei a Palestinesi. Qualcuno si è un po’ risentito (“ma è tutta un’altra storia”), qualcuno ha fatto un sorriso un po’ amaro, sicuramente di dissenso ma anche un po’ divertito. Hanno comunque capito.
Forse non è gran che politically correct, ma a me viene da assimilare la creazione dello Stato di Israele un po’ a questo immaginario sbarco degli Etruschi in Toscana.
Con l’aggiunta di qualche considerazione che provo a elencare:
La tragedia ebraica è al 99,99% una responsabilità dei cristiani, che poi, per vari e complessi motivi, hanno scaricato le loro infamie sugli Arabi. L’Islam, quello di una volta, era stato più (non sempre ma certamente più) tollerante verso gli Ebrei.
Fossi Ebreo, avrei appoggiato con tutte le mie forze la creazione di uno Stato sulle antiche terre dei padri, e di uno stato ben armato e appoggiato, a garanzia della mia sopravvivenza e della mia dignità di essere umano dopo che il mio popolo è stato per secoli e secoli vittima del più lungo, costante e allucinante fenomeno di aggressività di massa verso una minoranza mai visto nella storia.
Fossi Palestinese, lotterei strenuamente per tornare nella mia casa, per tornare magari a “morire sul mare”, come mi disse un’anziana profuga in un campo giordano: “Sono nata sul mare (nella zona dove c’è Tel Aviv) e voglio che mio figlio e mio nipote mi riportino a morire sul mare”.
So che ormai la gestione delle intifade e della guerriglia a Gaza è in mano a poche famiglie che gestiscono un flusso di denaro colossale e che vogliono impedire in tutti i modi che il conflitto abbia fine. E so che agli altri paesi arabi dei Palestinesi ormai non importa più nulla e che la Palestina rappresenta il solo il pretesto (però reale, pericolosissimo) per giustificare ogni attentato, ogni ebreofobia, ogni cristianofobia.
So che si può discutere senza fine se i media pecchino nell’accusare gli Israeliani di violenze passando sotto tono le aggressioni iniziali dei Palestinesi oppure se pecchino nel dare sempre la colpa agli attacchi islamici giustificando anche le più dure reazioni israeliane etc etc.
In realtà so solo che le origini profonde di questa situazione (dall’imperatore romano Tito, che distrusse Gerusalemme, fino a Hitler) e le meccaniche che si sono messe in moto dopo la seconda guerra mondiale rendono questo conflitto israelo-palestinese senza soluzione, né etica né pratica, almeno finché il mondo non cambi radicalmente. Il più senza soluzione di tutti i conflitti nel mondo.