Lo si ripete sempre e lo sappiamo bene: il nostro paese ha milioni di milioni di meraviglie, alcune celeberrime, altre sorprendenti e inaspettate, spesso quasi sconosciute. Tante che è impossibile arrivare a conoscerne anche una modesta percentuale; tante che è purtroppo impossibile tutelarle e conservarle tutte.
Lo sappiamo bene ma non dobbiamo mai dimenticarlo e talvolta è veramente un piacere grande andare a cercarne una. E il piacere è tanto maggiore quanto più la meraviglia è appartata, fuori mano, incastonata in posti semplici che non hanno mai avuto particolare gloria civica, artistica o militare.
Arezzo e il suo territorio sono uno splendore. Hanno paesaggi ineffabili come forse solo la Toscana sa dare e contengono gioielli artistici di fattura stratosferica. Uscendo dalla città e procedendo verso est sulla strada per Città di Castello, a un certo punto si incontra un bivio e dopo un po’ si arriva in un paese di meno di 2000 abitanti, Monterchi. Un borgo, come piace dire oggi riprendendo una parola antica, delizioso in sé ma soprattutto un borgo dove intorno al 1460 Piero della Francesca dipinse una Madonna incinta, con la veste slacciata davanti a mostrare il suo ventre rigonfio e con due angeli simmetrici che spalancano i tendaggi per mostrarla.
E’ l’affresco della Madonna del Parto, conservato, dopo varie vicissitudini, nella ex scuola media del paese, oggi diventata un museo monoopera.
Piero della Francesca, pittore immenso e metafisico, enigmatico e solenne raccontatore di storie e di geometrici rapporti dell’universo ha creato questo capolavoro per una chiesettina di campagna, Santa Maria di Momentana, probabilmente mentre lavorava nella chiesa di San Francesco ad Arezzo alla sua opera più grandiosa, la Leggenda della vera croce. Perché lo abbia fatto e chi glielo abbia commissionato non lo sappiamo. Forse un ricordo di sua madre che era di lì. Forse i suoi committenti volevano parlare ai contadini della zona ancora legati a culti della fertilità di lontane origini pagane.
Ma il quadro, nella sua assoluta semplicità, è così ricco di simboli, calcoli, riferimenti e allusioni al limite dell’esoterico che forse Piero alla fine voleva parlare innanzi tutto a se stesso; e così, da solo com’è nell’ex scuola, vale il viaggio. Se poi ci aggiungiamo i paesaggi, Arezzo, Sansepolcro e Anghiari nelle vicinanze, il vino e i tartufi, il viaggio diventa veramente una delizia a 360 gradi.