Dichiaro subito che la base argomentativa di questo articolo-sfogo non è mia. I dati e le vicende sono noti e già sono stati divulgati dalla stampa più attenta ma l’ispirazione specifica mi viene da Michele Pierri, che ha pubblicato qualche giorno fa, il 9 febbraio, un articolo dal titolo Tutti i dolori di Deutsche Bank e Commerzbank sul giornale on line formiche.net.
Io aggiungo qualche considerazione in linea con quanto vado pubblicando da un po’ di tempo sulle vicende della finanza nazionale e internazionale e do un mio contributo alla circolazione del pezzo di Pierri.
Le banche tedesche non stanno gran che bene. Ai tempi della finanza sfrenata ne hanno combinate più di tutti, e forse continuano a farlo. Deutsche Bank parrebbe in difficoltà a rimborsare le cedole di un’obbligazione subordinata (si, proprio come quelle volatilizzate di Banca Etruria). Le banche dei Laender, le potenti casse regionali, con un’abile manovra germanica a livello comunitario sono state sottratte al controllo della BCE. La Banca Federale, che sarebbe la Banca d’Italia tedesca, sorveglia in maniera molto soft queste banche di medie dimensioni, che invece dovrebbe occhiutamente controllare.
Gli aiuti di Stato alle banche fino al 2014 sono stati: Germania quasi 240 miliardi; Regno Unito 162; Spagna 52; Irlanda 41; Grecia 39; poi le altre; poi ultima l’Italia con 1 miliardo.
La politica europea sembra ormai tutta concentrata sulle banche e appare come ad esse subordinata. Così come sembra proprio, al di là degli atteggiamenti un po’ scomposti e controproducenti di Renzi, che viga la consuetudine dei due pesi e due misure nei confronti dei diversi paesi come ormai quasi regola nelle controversie economico-finanziarie tra i membri UE. E quindi i paesi che durante la crisi degli scorsi anni hanno sommerso di aiuti di Stato le proprie banche che si erano comportate sciaguratamente adesso fanno la voce grossa con gli altri.
L’ormai famigerato bail in (il salvataggio delle banche in prima battuta da parte di azionisti, obbligazionisti e correntisti con più di 100.000 euro) sta facendo guai sul mercato e sui risparmiatori. Si badi bene che gli obbligazionisti sono in molti casi ingenui e/o raggirati acquirenti di obbligazioni subordinate; e che l’intervento sui conti correnti si configura come un vero e proprio prelievo forzoso di soldi che, non lo si ripeterà mai abbastanza, non sono investiti, quindi a rischio, nella banca ma semplicemente depositati, affidati, addirittura pagando per tenerli sul conto corrente.
L’Italia ora blatera che il bail in andrebbe rivisto e blatera, in molti casi con cattiva coscienza, su molte altre cose. Ma certe cose non le si poteva capire prima? Non si poteva trattare con più energia e competenza? Non si poteva, alla peggissimo, porre qualche veto?
E ancora: i paesi “virtuosi” vogliono impedire che le banche, le nostre, abbiano in portafoglio più di un tot di titoli di Stato. Etc.
E ancora: si parla, per migliorare la qualità del debito bancario, di permettere alle banche di recuperare i (impossessarsi dei) beni dei debitori insolventi, senza passare per un giudice. Questo, dicono, perché i tempi biblici della giustizia italiana fanno considerare di fatto non esigibili certi crediti da parte degli investitori; quindi, anziché migliorare l’amministrazione della giustizia, si introduce una sorta di giustizia privata fai da te, che ovviamente varrebbe per le banche ma non per il normale cittadino al quale non venisse pagata una fattura o restituito un debito.
No a dietrologie e catastrofismi: ma sembra proprio che da questa Europa delle banche non ci sia verso di potersi difendere.
Il fatto è che le banche fanno tutto quello che fanno con i soldi nostri (I soldi degli altri, intitolava un suo celebre libro il prof. Luciano Gallino) per cui se per le fesserie o le sconcezze che fanno vanno a gambe all’aria, chi ci rimette gravemente siamo noi; e se per impedire che vadano a gambe all’aria i governi prendono provvedimenti iniqui, chi ci rimette siamo noi.