Ci sono delle persone cui sono riconoscente perché mi hanno dato e mi dànno delle emozioni, delle gioie, magari anche delle angosce, ma esteticamente sublimi, tra le più intense che si possono provare nella vita. Sono contento che siano esistite e non le ringrazierò mai abbastanza. Tra queste, ai primissimi posti, c’è un musicista viennese dei tempi dell’impero austro-ungarico dalla faccia, così ci appare dai ritratti, un po’ cicciotta e quasi sgomenta: Franz Schubert.
Non pubblicò quasi nulla durante la vita; godette di una fama molto ristretta e più amicale che pubblica; ebbe una vita breve, 31 anni, e nel complesso non felice, dominata quasi soffocata dalla sua stupefacente creatività, e morì minato dalla sifilide. La sua musica, specialmente le sonate per pianoforte, le fantasie e la musica da camera degli ultimi tre anni della sua vita, è per me la più emozionante che conosca.
Magari la musica così detta classica o colta o seria (come se tante meravigliose canzoni non fossero colte o serie) non interesserà moltissimi, ma quelli tra gli amici che hanno questa passione mi potranno capire.
Nel cimitero centrale di Vienna c’è una piccola area a giardino dove gli Austriaci hanno disposto le semplici tombe di alcuni tra i massimi geni musicali austro-tedeschi. Al centro c’è un monumento a Mozart, che non ha tomba, essendosi perso il suo corpo in una fosse comune. Ai lati un po’ arretrate le tombe di Schubert e di Beethoven. Intorno a semicerchio altre tombe di compositori, tra cui Brahms e Strauss. Un luogo incantevole, specie nelle belle giornate.
Per molto tempo ho desiderato andare a salutare Schubert e a mettere un fiore sulla sua tomba. E quando l’ho fatto sono per un momento come uscito dal tempo e dal luogo dove mi trovavo, pensando che davanti a me c’era, appena sotto terra, una piccola quantità di polvere e ossa che un tempo viveva, pensava, sentiva, componeva e che ha lasciato una quantità impensabile di bellezza, che porterà godimento fino a quando nell’universo ci saranno altri composti chimici animati, detti esseri umani, in grado di ascoltare le note che Schubert ha combinato insieme.