Janis Joplin è stata trovata morta in una stanza del Landmark Motor Hotel di Hollywood nell’ottobre del 1970, uccisa da una overdose di eroina. Una vita bruciata oltre ogni limite. Nei pochi anni della sua breve carriera artistica pubblicò pochi album; il più famoso, Pearl, uscì dopo la sua morte. Pochi album e poche canzoni che sono bastate per farla considerare dalle varie riviste americane innamorate delle classifiche una delle più grandi cantanti del secolo. Qualcuno l’ha anche definita la più grande voce blues della storia del rock.
Quante e quante volte nei primi anni ’70 ho preso la chitarra e con gli amici ho cantato Me and Bobby Mc Gee, la stupenda ballata di Kris Kristofferson che Janis rese planetaria con la sua dolce e rabbiosa interpretazione. Piaceva molto alle donne che la cantassi e tutte si emozionavano quando arrivavamo a:
From rthe Kentucky coalmines to the California sun yeah, Bobby shared the secrets of my soul // Dalle miniere del carbone del Kentucky al sole della California yeah Bobby condivideva i segreti della mia anima
e tutti ci sentivamo on the road.
Ieri, dopo anni, grazie a un casuale girovagare per l’app musicale Groove Musica, la fulminante riemersione di Janis Joplin davanti ai miei occhi, nelle mie orecchie e nella mia mente. E sono i momenti in cui la rete, i siti, le app, lo “scarica la tua musica” mi sembrano prodigi quasi commoventi che fino a pochi anni fa non si pensava nemmeno fossero concepibili.
Ho ritrovato tutto: le notizie sulla vita e la morte di Janis, la sua discografia, le sue canzoni, le poche trascinanti immagini di lei che cantava: pazzesca l’interpretazione di To Love Somebody registrata in uno studio televisivo.
Nessun rimpianto, nessuna nostalgia per i tempi andati, che poi non erano particolarmente più belli dei questi. Solo la bellezza di un ricordo “di gioventù” e la gioia vera di aver riportato nella mia vita un’artista e una musica che avevo dimenticato e che dopo 46 anni restano in maniera intatta quello che erano: insieme fenomenali e struggenti.