Come molti ho criticato la modestia della scrittura della riforma costituzionale su cui votiamo nel referendum del 4 dicembre e come molti mi sono disgustato per lo squallore delle argomentazioni e delle campagne a sostegno del sì o del no, tutte appiattite sui temi beceri dell’antipolitica che entrambi i contendenti hanno cavalcato per solleticare il consenso degli Italiani.
Ma, alla fine, sì o no? Esprimo la mia personale opinione.
Tre premesse:
- Direi di evitare di andare a votare pro o contro il Governo, che poi vuol dire pro o contro Renzi. Non c’entra niente. Stiamo parlando di un’altra cosa. Direi di ben altra cosa: la nostra Costituzione, la governance del paese per anni e anni;
- Direi anche di lasciar perdere le ricorrenti amenità sulle cupe conseguenze economiche e su quelle internazionali. Probabilmente non succederà nulla. Ma in ogni caso andiamo a votare per ben altra cosa;
- E tralascerei anche le conseguenze politiche interne, che pure ci saranno. In gioco è ben altra cosa.
Veniamo ai contenuti:
- Bene l’abolizione del bicameralismo perfetto tra Camera e Senato e bene la fiducia votata da una sola Camera (come poi è nel resto del mondo civilizzato). Bene ovviamente l’abolizione del CNEL. Bene l’avocazione allo Stato in ultima istanza di competenze attualmente divise con le regioni. Bene il fatto che non cambi il modello di governo del paese: i poteri del Presidente della Repubblica, del Governo, del Presidente del Consiglio restano gli stessi;
- Male il Senato pasticciato (ma non ce la prendiamo con il modo di eleggerlo, perché ancora non c’è). Male i rapporti tra le due Camere;
- Malissimo la combinazione tra questo nuovo modello costituzionale e la inqualificabile legge elettorale nota come Italicum. È questa che costituisce la più grande piccolezza di Renzi come non-statista, che ha voluto fare una legge su sua misura nei momenti in cui pensava di essere il più forte; è questa che dà un potere parlamentare debordante a un partito, quale che esso sia, che potrebbe rappresentare anche non più di un quinto degli Italiani, con una serie di conseguenze micidiali su cui qui è impossibile dilungarsi.
Quindi:
- Il fronte del no mi sembra non abbia argomenti significativi sul merito della riforma in sé. La posizione di quasi tutti è tendenzialmente: i punti qualificanti della riforma vanno bene, ma è scritta male, non si sa come si elegge il Senato, non si respira aria di democrazia, si poteva fare meglio e, soprattutto, la detestiamo perché è di Renzi;
- Se vince il sì e non si riesce a cambiare l’Italicum, il problema è serio, molto serio: il superdominio di un partito con pochi contrappesi. Se invece si fa una buona legge elettorale, anche la riforma costituzionale tutto sommato va bene;
- Se vince il no e non si riesce a cambiare l’Italicum, la situazione è grottesca: restano le due Camere alla pari elette mediante due leggi elettorali agli antipodi;
- Se vince il no, si dice che non si riuscirà a fare nessun’altra riforma costituzionale per i prossimi 20 anni. Oserei dire per i prossimi 50.
Conclusione:
Messo tutto sul piatto e parafrasando Indro Montanelli (qualcuno ricorderà: turiamoci il naso e votiamo DC), la mia opinione è: turiamoci il naso (ma senza l’Italicum non è necessario turarselo nemmeno troppo) e votiamo sì.
PS – Avevo già buttato giù queste considerazioni, quando ho letto sull’Huffington Post del 26 novembre un articolo di Giuseppe Ayala con un titolo similissimo e contenente la medesima tesi, ovviamente esposta in termini più appropriati dal punto di vista giuridico. Un intervento bello e intelligente che consiglio di andare a vedere.