Da un po’ di tempo scrivo meno del solito su questo blog: certamente, il sole sorge sempre, i miei amici e lettori sopravvivono tranquillamente e tutti gli altri non se ne accorgono nemmeno. Ciò nonostante, mi giustifico lo stesso. Scrivo in genere poco per il lavoro, il continuo su e giù Roma-Milano etc. Da un po’ però scrivo appunto ancora meno perché sto cercando di scrivere (a quattro mani) un libro. E’ di quelli allegri e leggeri, parlerà di politica, giustizia, media etc.
Ebbene, sin da ora comincio ad autopromozionarmi e ne propongo un pezzettino, un paragrafo dal titolo Viva le disgrazie giudiziarie degli avversari politici, dove parlo di un aspetto della così detta giudiziarizzazione della lotta politica: i nostri politici sembra non sappiano far altro, per affermarsi o per difendersi, che puntare sugli avvisi di garanzia inviati ai concorrenti.
VIVA LE DISGRAZIE GIUDIZIARIE DEGLI AVVERSARI POLITICI!
Ecco un’altra saldatura con la giudiziarizzazione; il ruolo principe delle indagini giudiziarie nell’alimentare lo scontro politico.
Si punta molto, se non tutto, sulle indagini giudiziarie. Si proclama che un politico o un candidato devono sempre e comunque ritirarsi se sono indagati (o anche se non lo sono: vedi il caso del ministro Lupi). Si punta, e lo si spera, sul fatto che se un partito concorrente diventa forte, rischia di vincere le elezioni o le ha vinte, rapidamente arriveranno indagini giudiziarie, arriverà il mitologico avvio di garanzia, che lo riguardano. Il partito neo forte o neo vincitore, adesso indagato, aveva a sua volta puntato molto, se non tutto, sulle indagini giudiziarie che riguardavano quelli erano al potere prima e che ora esultano per le indagini che riguardano il neo vincitore.
Lo schema è tanto semplice quanto ripetitivo: Berlusconi è andato al potere sulle macerie giudiziarie di DC e PSI, diventandone erede e continuatore; il centrosinistra ha poi puntato molto sulle indagini a carico di Berlusconi e di altri politici del suo schieramento. A sua volta il centrodestra si è scatenato all’attacco appena c’è stato qualche sentore di indagine su esponenti del centrosinistra. Il Movimento 5 Stelle ha puntato e punta moltissimo, direi tutto, sulle indagini a carico degli altri partiti, prima la destra poi, da quando è andato al potere, il PD. Il PD e Forza Italia ora esultano a loro volta per le indagini a carico di esponenti del Movimento grillino, che nel frattempo è diventato una forza politica di grandi dimensioni ed è al potere in alcuni comuni importanti.
Chi è accusato diventa più o meno rapidamente garantista, mentre prima lasciava lavorare la magistratura, ne aveva piena fiducia, rispettava e non discuteva le sentenze (in verità non ho mai capito perché le sentenze, che vanno più che ovviamente rispettate, non possano essere discusse). Si è arrivati al clamoroso voltafaccia dei grillini, che, dopo anni di proclami sulle automatiche dimissioni di chi è indagato, segno distintivo della loro trasparenza e diversità, adesso dichiarano che, dato che le inquisizioni riguardano i loro, finora hanno scherzato. Non più dimissioni automatiche ma giudizio dei capi.
Questo sia detto totalmente a prescindere dalle responsabilità penali dei vari indagati o, in qualche caso, condannati. La questione dell’innocenza o della colpevolezza, che è certamente la più seria e drammatica di tutte, e quella del modo di procedere della magistratura le vedremo tra poco: qui sto dicendo solo che le parti politiche, in un preoccupante vuoto di contenuti, affidano la maggior parte delle proprie fortune alle sfortune giudiziarie degli avversari e dedicano la maggior parte dei loro sforzi a cercare di strumentalizzarle per strappare qualche consenso di risulta. Oltre che verso il basso, questa corsa è squallida.