So bene che è cosa vana battersi contro le banalità dei commenti politici e delle analisi socio-economiche dominanti (almeno) in Italia. Ma ogni tanto ci ri-provo.
Una prima grande, grandissima banalità, è quella di chi ripete che la legge elettorale non è prioritaria, che agli Italiani non interessa, che ben altri sono i problemi da affrontare, che prima vengono i contenuti e i programmi etc.
Io mi ostino a ripetere da anni che “un paese -in democrazia ovviamente- è la sua legge elettorale”. Una legge elettorale o l’altra possono cambiare la storia.
C’è poi una vera fiera delle banalità costituita dai commenti che si sparano sulle ben evidenti evoluzioni e sui profondi mutamenti economico-sociali (visti però sempre dopo) che darebbero luogo a un certo risultato elettorale, dimenticando, appunto, dalla legge elettorale.
L’ultimo caso: l’elezione di Macron a presidente della repubblica francese e il suo conseguente trionfale successo alle politiche hanno dato il via a una serie infinita di considerazioni e di analisi che dimenticano una cosa elementare. E cioè che se in Francia non ci fosse la legge elettorale che c’è ma, ad esempio, ce ne fosse una tipo le nostre esistite, esistenti o che forse esisteranno, Macron per settimane e forse mesi, disponendo del suo 24% ottenuto nel primo turno delle presidenziali e del 32% delle politiche (un 32% che sarebbe poi stato molto meno se non fosse influenzato dai risultati del ballottaggio presidenziale), si sarebbe trovato a dover discutere, un po’ “all’italiana”, di alleanze, inciuci, programmi, nomine, poltrone e via dicendo. Diciamo con un po’ più di precisione che, essendoci una repubblica presidenziale (e non mi dilungo a parlare anche di assetto costituzionale!), Macron sarebbe stato lo stesso presidente con il 24% dei voti (quindi eletto, a occhio, all’incirca dal 18% dei francesi) e il capo del governo designato sarebbe impegnatissimo a negoziare gli inciuci.
E via dicendo: con un’altra legge elettorale Hillary Clinton sarebbe presidente degli Stati Uniti (con il più alto vantaggio della storia americana in termini di voti assoluti del perdente rispetto al vincente) a onta di tutti gli sproloqui che hanno accompagnato l’elezione di Trump. Con un’altra legge elettorale in Italia si avrebbero magari governi stabili; con un’altra legge elettorale i sindaci non amministrerebbero le città per cinque o dieci anni di seguito ma verrebbero di frequente buttati giù da crisi consiliari, come accadeva in passato, prima dell’elezione diretta.
La vergogna non è quindi che la nostra classe politica si occupi, anche a lungo, della legge elettorale, ma che lo faccia come lo fa, badando solo agli effetti che una legge o l’altra possono avere sui “bassi” interessi di ciascuno; che sfasci il paese non riuscendo a raggiungere una visione concorde delle regole e che pertanto perda una quantità di tempo invereconda per faccende di bottega, trascurando certamente i temi forti di una politica seria: economia, giovani, ricerca e sviluppo, semplificazione del paese, diritti etc etc. E questo accade proprio perché i nostri politicanti sanno perfettamente che una legge elettorale o l’altra possono cambiare la storia e quindi la loro la vita personale.
P.S. – PERMALOSI O INTOLLERANTI? – Il mio ultimo pezzo sui 5 Stelle permalosi o intolleranti è stato apprezzato da centinaia di persone, che ringrazio. Ed ha suscitato anche svariate reazioni negative, come è normale che accada, caratterizzate però spesso da uno “stile” un po’ particolare da parte, suppongo, di sostenitori pentastellati, stile che è tipico loro e al quale sono ormai abituatissimo. Un esempio tra quelli citabili: “Sei solo una merda”. Al confronto quello che mi aveva dato del minus habens (molte altre reazioni sono irriferibili) è un vero democratico. Permalosità o intolleranza?