Tullio Capocci, editore, fondatore della casa editrice Ponte Sisto (oltre che tante altre cose), ci ha lasciato improvvisamente e inaspettatamente a meno di cinquant’anni.
Ponte Sisto è una di quelle che si definiscono piccole case editrici. E si è sempre concentrata su una produzione di alto livello e spesso di grande originalità. Tullio ne era l’anima, il progettista culturale e nel contempo l’artigiano, sempre affiancato dal fratello Fabio. Ci ha sempre messo tanta passione. Altrimenti è un lavoro che non si può fare.
Ho pubblicato due libri con lui. L’ultimo, quello sulla comunicazione e la politica sul punto di uscire, è quello che si vede in questo blog e nella mia pagina Facebook. Tutti e due me li aveva chiesti insieme a Igor Patruno, il curatore della collana Politicamente.
Nei giorni scorsi c’era stato qualche momento di disaccordo: la solita storia dell’autore che ha fretta e tutto concentrato sul suo libro, anche se si tratta di un normale saggio sulla comunicazione e non dei Fratelli Karamazov, e dell’editore che vuole fare le cose per bene, con i tempi che ci vogliono e che non ha un autore solo nel suo arco. Il tutto, poche ora prima che Tullio se ne andasse, chiuso dal comune progetto di un nuovo libro, quindi da un progetto per il futuro. Quel futuro che, quando succedono cose come questa morte lontanissima dalle aspettative di tutti, sembra all’improvviso fragilissimo, come una pellicola di carta sottile esposta ai venti di Capo Horn.
La cosa che più mi colpiva di lui, lo ha ricordato stamattina tanta gente, era il sorriso, buono e quasi disarmante, che coesisteva perfettamente con gli occhi vivaci, curiosi e intelligenti.
In certi momenti si ha quasi la sensazione che si possa dire: Ok, adesso è successo tutto questo, ma il gioco è finito e torniamo a venerdì scorso per riprendere le chiacchiere sul prossimo libro. Ma non si può proprio fare.