Il discorso è difficile; è sempre difficile tentare di affrontare con argomenti razionali la sofferenza, la povertà e la disperazione umane. Il tema è quello delle tante persone, aumentate negli ultimi anni in modo esponenziale anche per effetto dell’immigrazione, che chiedono l’elemosina. E le domande sono: Chi sono queste persone? C’è qualcuno dietro? Diamo soldi a delle persone bisognose o alimentiamo con piccole quote l’ennesimo business criminale dello sfruttamento?
Sono cresciuto, famiglia, scuola, scoutismo, in una cultura in cui l’aiuto al prossimo era fuori discussione. Oggi come oggi però forse è necessario un piccolo tentativo di osservazione razionale dei fatti.
Quasi tutti coloro che chiedono soldi per strada, nei bar e ristoranti, nei mezzi pubblici, possono essere suddivisi in gruppi omogenei i cui componenti fanno e dicono le stesse cose.
Qualche tempo fa davanti a una panetteria romana ho notato che è apparso un ragazzo nero, fisicamente aitante, che con un cappello con visiera in mano chiedeva: “Capo, qualche spicciolo”. Era una tipologia di richiedente aiuto che non avevo mai visto. Nel giro di pochi giorni ne ho visti di pressoché identici, stesso tipo di persona, sempre cappello con visiera in mano, stessa formula di richiesta, davanti a decine di negozi, il più delle volte di alimentari, a Roma e la settimana successiva in decine di posti analoghi a Milano. Come non pensare che si tratti di una “organizzazione” che ha rapidamente messo in piedi una nuova operazione coinvolgendo o sfruttando i giovani del suo popolo?
Nelle metro di Roma e Milano entrano continuamente delle signore e delle ragazze con cadenza in genere slava che inevitabilmente dichiarano: “Scusatemi di disturbare, ho fame, ho due -sempre due- bambini e sono profuga (per anni) di Bosnia, (oggi) di Siria”. Mai una variante, mai più o meno figli, mai la provenienza dalla Macedonia o dal Kurdistan. La cosa dura da moltissimo tempo. Tutte tragedie di vita simili?
Quartiere Mazzini a Roma (a Milano meno, dato che non si mangia spesso all’aperto). Chi mangia ai tavoli sui marciapiedi dalle 13 in poi ogni dieci minuti vede inesorabilmente arrivare venditori della stessa piccola merce che usano anch’essi esattamente le stesse parole. Qualcuno mi dice, ma non so se è una leggenda metropolitana, che alcuni capi bastone li riuniscono in un posto e poi li fanno partire a pochi minuti l’uno dall’altro.
Ci sono leggende metropolitane anche sulla cosa più straziante di tutte: la richiesta di elemosina da parte di persone con gravi deformità fisiche. Ma non voglio nemmeno pensare che possano essere vere.
E l’elenco potrebbe continuare. Come è possibile una standardizzazione clamorosa di questo genere? Come è possibile che a nessuno di un certo gruppo venga in mente una minima variazione di luogo e di racconto? E quali cosche di sfruttatori andiamo veramente ad arricchire quando diamo un sia pur insignificante aiuto a chi ce lo chiede?
Alcune serie associazioni di volontariato, cattoliche e non, sostengono appunto che dare l’elemosina nella stragrande maggioranza dei casi oggi è un gesto da non fare: si finanzia la criminalità. Certo, mi domando se così facendo non ci vada di mezzo tanta gente che ha bisogno di tutto, di un aiuto minimo ma subito, se non convenga “rischiare”. Non lo so. Volevo solo proporvi qualche riflessione e mi piacerebbe avere qualche commento di chi ha voglia di scrivere due parole. (Magari mi piacerebbe anche -chiedo troppo?- che su questo tema si astenessero i consueti specialisti dell’insulto e del buttiamoli tutti in mare).