Vi propongo una analisi “a caldissimo” su Davide Casaleggio ieri sera in tv.
La partecipazione di Davide Casaleggio al programma condotto da Lilli Gruber su La7, che fa seguito a una sua lettera aperta inviata al Corriere della Sera, fa porre ovviamente a osservatori e cittadini in genere parecchie domande di tipo politico sul futuro suo e del M5S. In queste righe però vorrei solo provare a formulare delle prime osservazioni di tipo esclusivamente comunicativo. Non avendo mai avuto occasione di conoscere il dott. Casaleggio di persona né di averlo mai visto prima sui media, la mia è una pura analisi della sua performance televisiva di ieri sera.
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La prima cosa di cui tener conto è l’inevitabile emozione, nonostante la preparazione cui si era sottoposto, che Casaleggio ha tradito specialmente nella parte iniziale della trasmissione. Ha parlato lentamente, a tratti quasi con difficoltà, ben attento a scegliere le parole, ben conscio dell’attenzione che era puntata su di lui. E’ stato comunicativamente un po’ legnoso.
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Ha dedicato molta (giustificata) attenzione a tenere la barra dritta sul rapporto con il padre e con il tema, politicamente un filino imbarazzante, di essere il co-leader di un movimento non per meccanismo democratico ma per eredità. Ha insistito sul suo ruolo non politico ma di fornitore di strumenti e supporti tecnologico-operativi al movimento. Insomma ha fatto tutto per non far apparire la sua apparizione televisiva come una “discesa in campo”. Ha fatto benissimo a farlo ma non credo che molti ci abbiano alla fine creduto.
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Dal punto di vista comunicativo la sua forza è innanzi tutto quella di essere, come il padre, sottoesposto (almeno finora). E’ la strategia opposta a quella dell’esserci il più possibile, del costruire consenso sulla quantità (quella per la quale fanno a gara la maggior parte dei politici italiani): per cui ogni apparizione del sottoesposto di prestigio ha la forza dell’inusuale, del concesso, dell’atteso con ansia.
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In una strategia del genere, dovuta credo anche a motivi caratteriali oltre che di scelta comunicativa, una certa legnosità non ci sta male. A chi centellina sé stesso e il suo pensiero non serve essere verboso e disinvolto. Anzi. La lentezza, l’esitazione, talvolta addolcita da qualche raro sorriso che attenua quella certa inquietudine di chi ascolta, alimentano autorevolezza e “mistero”. Non guastano le tracce sotterranee ma persistenti di cadenza piemontese; umanizzano.
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Fisicamente il personaggio c’è. La mia teoria delle facce come elemento in grado di influenzare enormemente il consenso popolare (la chiamo la teoria Ayrton Senna), non è necessariamente affatto connessa alla “bellezza”. Casaleggio, che tra l’altro non è affatto brutto, può funzionare con la sua aria, talvolta apparentemente svagata (“sta pensando a ben altro”) ma con momenti di grande durezza, da hidalgo spagnolo del Cinquecento, sportivo, parco di parole e capace di arroccarsi trasmettendo a tratti addirittura quasi un certo disprezzo per le domande che ha ricevuto (non so se anche per chi gliele poneva).
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Oltre all’incomprensibile rifiuto di rispondere ad alcune domande, prima tra tutte quella su per chi aveva votato prima dell’era dei 5S, la cosa che a tratti mi è parsa stonata è stato proprio il contrasto tra il personaggio che ho cercato di delineare e la sua, inevitabile ci mancherebbe, esposizione dei mantra dei 5S. Nel senso che quando andava sui riti linguistici cari al suo movimento, quando ha ripreso i temi ormai del tutto vuoti dei vitalizi e delle pensioni d’oro come fonte di risparmio per affrontare le problematiche economiche del paese, quando ripeteva le formule della democrazia diretta (che da sempre sono state la base ideologica per tutti gli autoritarismi) etc, mi è venuto da domandarmi: ma un uomo come lui, apparentemente così diverso dal “popolo della rete” che conosciamo, ci crede veramente a quello che dice? Probabilmente no, ma questo, come è facile capire, non ha alcuna importanza. Nessuno di quel popolo di cui è importantissimo ideologo, si sarà minimamente posto questa domanda e probabilmente nemmeno lui. Ma questo in politica è il pane quotidiano.