Mi piace il nuovo presidente della repubblica; come credo che già piaccia alla maggioranza degli Italiani. Ho però varie volte riflettuto su quanto sia più facile essere graditi e amati quando si è in posizioni che non prevedono decisioni operative, specie di politica economica ma anche di politica estera, di politica sociale etc. Posizioni dalle quali invece ci si aspettano moral suasion, indicazioni di ampi orizzonti, difesa dei principi e dei valori, non seguite dalla responsabilità di realizzare il tutto nella pratica.
Anni fa avevo coniato nelle mie chiacchierate di politica il termine pertineggiare, riferito ovviamente all’amatissimo (anche da me) presidente Pertini, il quale era un grande stimolatore della nazione ma la cui enorme popolarità restava intatta anche perché non gli era richiesto di mettere in pratica quanto proclamava, traducendolo in concrete scelte politiche. Poteva quindi dire di riempire i granai anziché sparare con i cannoni, senza tema di doverlo poi fare.
Anche per questo, oltre certamente che per il fatto di essere personaggi veramente notevoli, negli ultimi tempi i presidenti della repubblica hanno visto la loro popolarità mantenersi elevata. Non così capita ai governi e ai premier: in Italia (a differenza della maggior parte dei paesi occidentali dove i secondi e i terzi mandati sono quasi la regola) chi governa è perduto. Le “lune di miele” con i cittadini finiscono al terzo consiglio dei ministri o alla prima decisione che ha a che fare con il fisco o con una minima modifica dello status quo, mentre tutti invocano il cambiamento. E chi governa, nella seconda repubblica, ha sempre perso le elezioni successive.
Più popolari sono i sindaci, perché, a parte vedersi scaricare addosso tutte le eventuali scelte di riduzione delle tasse a livello nazionale, non prendono neanche loro decisioni vere di politica economica e riescono quasi sempre ad apparire schierati con il territorio contro le iniquità del governo centrale.
Popolarissimo oltre ogni dire è il Papa, che molto più dei presidenti della repubblica, ha la possibilità, anzi direi il dovere, di dire cose buone, edificanti, corrette, solidali e amorevoli su società, ingiustizie, lavoro, guerre, senza dover mai non dico realizzarle ma nemmeno indicare come metterle in pratica.
Ben inteso: fa benissimo a farlo ed è un fatto straordinariamente positivo che tutti gli ultimi pontefici abbiano detto grandi parole di fratellanza e di speranza, specialmente in un mondo dove altri capi religiosi inneggiano all’intolleranza e alla morte. Dico solo che in posizioni del genere è molto più semplice godere di un forte e prolungato consenso.