Torno sul tema dell’immigrazione e uso questo termine, immigrazione, perché parlo specificamente di persone che si trasferiscono dai loro paesi di origine qui in Italia: gli immigrati in Italia fanno parte della realtà più vasta dei migranti.
Gli atteggiamenti di fronte a questa straziante vicenda dei nostri giorni (e credo anche di molti e molti giorni futuri) sono molti: l’accoglienza e la solidarietà, la paura, il rifiuto che arriva anche fino al razzismo, la comprensione-compassione… ma non possiamo continuare così, il tentativo di un’analisi razionale per arrivare a un “che fare?”, di cui per il vero nessuno ha un’idea decente.
Conto nei prossimi articoli di tornare più volte sulla questione, perché la ritengo veramente importante, forse più di qualsiasi altra, e in grado di modificare in maniera profonda la fase storica che l’Europa ha vissuto negli ultimi 300 anni, da quando cioè sono esplose la rivoluzione scientifica e quella industriale, con tutte le loro conseguenze economiche, culturali, sociali, valoriali che sono andate a costituire la nostra “civiltà occidentale”. E il discorso riguarda in particolare l’Italia, a causa di sue specifiche debolezze strutturali.
Oggi vorrei riflettere sull’accoglienza e la solidarietà. Costituiscono l’atteggiamento più bello e lodevole. Il più apprezzato dai media, dalle persone non solo politically correct ma anche di normali buoni sentimenti, di normale benevolenza verso il prossimo; dalla Chiesa; dai discorsi prevalenti nell’Unione Europea. E nel profondo del mio animo, per quello che può contare, il più apprezzato e condiviso da me.
Qui però, rimandando ai prossimi interventi altre considerazioni e altri tentativi di analisi, vorrei porre una sola domanda ai sostenitori a spada tratta dell’accoglienza e della solidarietà: accoglienti e solidali fino a quanto?
Intendo dire: accogliere fino a 7 milioni? Fino a 9,5 milioni? Fino a 21 milioni (pensiamo alla combinazione di immigrazione e demografia nel medio periodo)? L’accoglienza e la solidarietà sono valori assoluti o valgono fino a una certa cifra, valgono fino al limite di possibili collassi sociali e poi…e poi cosa?
E poi che si fa? Non si fa più soccorso in mare? (Sono uomo di mare e so bene che il soccorso a chi è in pericolo in mare è cosa sacra. E quindi?). Si cercano accordi seri con i paesi di provenienza? Ma con chi? Con tutte le fazioni in lotta? Con chi sulle migrazioni ci guadagna? Con chi magari le vede anche come uno strumento di destabilizzazione dell’occidente?
Alla domanda quantitativa (accoglienti fino a quanti accolti) ne segue subito un’altra qualitativa: fino a che punto siamo disposti, in nome di accoglienza e solidarietà, a mettere in gioco i criteri e le meccaniche portanti della “nostra civiltà occidentale”? Ma questo è un altro discorso e vorrei riprenderlo nelle prossime puntate.