Vorrei veramente mettere le mani avanti: lungissimo da me entrare nel coro di chi se la prende con la Germania per quello che sta succedendo in Europa e nel caso Grecia in particolare. Il discorso sarebbe molto lungo, ma sicuramente uno degli aspetti della questione è che chi fa le cose seriamente e pretende magari anche il rispetto degli impegni presi non è né perfido né servo dei poteri forti.
In più, spostandola sul personale, ho un moto d’animo positivo quando penso alla Germania, dove ho studiato a lungo, portandomi dietro negli anni tantissimi bei ricordi e tante amicizie squisite. In più, come è ovvio che succeda, della cultura tedesca sono innamoratissimo.
La riflessione che mi viene da fare, e che avevo anticipato qualche giorno fa in un tweet, non c’entra quindi molto con la specifica vicenda greca: si tratta di una riflessione generalissima, senz’altro di quelle che io chiamo chiacchiere da bar, di una sparata su complesse meccaniche storiche secolari.
In sintesi sinteticissima: dalla fine del ‘700 in Germania si è sviluppato un pensiero di tipo idealistico che vede la storia del mondo come realizzazione dello spirito universale, come concretizzarsi della verità infinita nel mondo finito. Lo spirito universale si incarna nella storia in vari spiriti nazionali e quello che rappresenta la direzione giusta della storia dell’universo, quello che invera la verità è, guarda caso, quello tedesco ( per chi ha studi e ricordi filosofici cito la troika Fichte, Schelling, Hegel, quest’ultimo con la sua variante materialista-internazionalista rappresentata da Marx).
Sembrerebbe una questione dotta e accademica ma in realtà questa visione della storia ha permeato di sé per un secolo e mezzo gran parte della cultura, il sentire della gente comune, le decisioni politiche ispirate a una esplicitamente dichiarata volontà di potenza sopraffattrice. Non che i tedeschi siano stati più prepotenti e cattivi degli altri ma raramente un popolo ha agito nella convinzione così forte di una sua superiorità nel dispiegarsi dello spirito cosmico. In soldoni: di una sua superiorità razziale. Raramente si è sentito in modo così nitido portatore di un destino di dominio. Il tutto accomopagnato da un desiderio finale di morte e di autoannullamento (come canta prima di morire la Isotta wagneriana).
Dopo la catastrofe finale nel 1945 di questa germanica visione della storia, persa una guerra rovinosa, divisa in due, la Germania, nella sua parte occidentale, ha supportato ad altissimo livello (pensiamo ad Adenauer, a Brandt, a Kohl) una visione del tutto nuova, europeista: ci ha creduto e ha fatto molto per far cambiare la storia d’Europa e del mondo. Poi il crollo sovietico, poi la riunificazione…..
La domanda da bar a questo punto è: una volta che il ricordo della catastrofe si è allontanato, una volta che la Germania, anche se più piccola di quella del 1939, si è riunita ed è tornata a essere il più forte stato d’Europa, non si sta dando il caso che i Tedeschi stiano un po’ ritornando alla volontà di potenza? Non è che abbiano una difficoltà quasi genetica a sedersi intorno a un tavolo con altri Stati sentendosi membri di questo tavolo alla pari degli altri? (E magari, sotto sotto, nemmeno tanto pari agli Stati Uniti?).
Ulteriore sintesi della domanda da bar: non è che con la riunificazione della Germania il progetto Europa (più o meno) unita, è destinato nel medio termine a morire?