E’ iniziato il Sinodo sulla famiglia, appuntamento importante e delicato. Nel linguaggio sempre molto attento della Chiesa cattolica affrontare il tema della famiglia vuol dire anche e soprattutto affrontare i temi della sessualità e dell’amore di coppia, che poi a sua volta vuol dire quelli della libertà sessuale e della libertà di amore di coppia, che sono due temi questi ultimi con i quali le religioni monoteistiche, e tra queste il cattolicesimo, hanno sempre avuto rapporti pessimi.
Questi rapporti pessimi hanno nei secoli determinato anche il comportamento cui deve atternersi il personale ordinato dalla Chiesa.
Dico ordinato perché la Chiesa cattolica, i cui criteri organizzativi sono stati profondamente influenzati dal diritto romano, divide i fedeli in due categorie separate: i non ordinati, che sono i fedeli normali ma anche ad esempio le suore, e gli ordinati. Questi ultimi sono i sacerdoti che, come l’antico magistrato romano (e come anche i moderni magistrati, che sono gli unici autorizzati dal potere statale ad esempio a privare un cittadino della libertà), hanno essi soli la legittimazione e il potere di compiere atti sacramentali che possono determinare il destino, nel caso specifico della Chiesa anche eterno, dei fedeli normali: ad esempio rimettere o meno i peccati, operare la trasformazione di pane e vino in corpo e sangue di Cristo. In altre religioni o in alcune altre varianti del Cristianesimo questa ordinazione e il relativo potere esclusivo non esistono.
Quindi i sacerdoti ordinati, tra l’altro solamente uomini (le donne non possono essere ordinate sacerdoti, per motivi che ormai probabilmente nemmeno Dio stesso riesce a capire), svolgono quindi un ruolo importantissimo e hanno un’influenza rilevante sui cattolici e a loro la maggior parte dei fedeli affida tuttora le proprie confessioni, la propria fiducia, la propria speranza al momento di morire, i propri figli. Diciamo che per i fedeli normali senza ordinazione la Chiesa è i suoi sacerdoti, siano essi sacerdoti semplici o vescovi o cardinali, e i loro rapporti con essa sono determinati dal giudizio sul comportamento dei sacerdoti.
Di fronte alle dilaganti vicende di pedofilia o ad altri comportamenti contro le regole del sacerdozio, e che i fedeli teoricamente non dovrebbero aspettarsi, mi vengono alla mente alcune riflessioni.
E mi chiedo: la repressione sessuale alla base delle regole del sacerdozio non contribuisce a creare comportamenti angosciati da un lato e pericolosamente distorti dall’altro, che ormai fanno sorgere il dubbio in molti genitori se sia opportuno affidare i propri figli alle parrocchie, agli oratori e simili?
La mia opinione è che il problema del reclutamento dei sacerdoti, e delle motivazioni per cui ci si fa sacerdoti, rischia di trascinare la Chiesa verso una crisi fatale di fiducia da parte delle società cattoliche. Un tempo ci si faceva sacerdoti certo anche per vocazione, ma anche perché la religione era presente e pervasiva nella società, quindi si trattava di una scelta tra le più plausibili, e perché entrando in seminario si usciva spesso da situazioni di emarginazione e povertà.
Oggi in moltissimi paesi cattolici le condizioni sono molto cambiate e il rischio è che pensino al sacerdozio soprattutto giovani o meno giovani che si portano dentro turbe sessuali irrisolte, insicurezze più o meno patologiche, complessi di colpa e conflittualità interiori tra ciò che sentono di essere e la propria fede.
Eterosessualità e omosessualità tra adulti da un lato e pedofilia dall’altro sono cose incommensurabilmente diverse. Ma credo non sia né scandaloso né inaccettabile ritenere che nella pedofilia talvolta finiscono per confluire turbe e complessi di varia natura e origine di cui non di rado mi è sembrato di cogliere i segni e le tracce in parecchi sacerdoti. E questo per la situazione oggettiva in cui un sacerdote spesso si viene a trovare, gestendo da una posizione indubbiamente di potere soggetti più deboli su cui riversare, con meno probabilità di reazione rispetto agli adulti, ossessioni segrete.
L’obbligo di castità è un retaggio storico e non è fondato sulle Scritture. Penso che abolirlo contribuirebbe a sbloccare l’ingorgo un po’ torbido di sessualità repressa e di pulsioni proibite che ultimamente ha fatto così tanto scadere l’immagine e la percezione dei sacerdoti cattolici. Abolirlo non rappresenterebbe oggi solo una scelta dettata dai più o meno necessari aggiornamenti della Chiesa ai tempi moderni ma (quasi?) una conditio sine qua non per favorire una stimata sopravvivenza della Chiesa cattolica. Non solo, come è ovvio, le vocazioni aumenterebbero ma, soprattutto, si sceglierebbe il sacerdozio per motivi limpidi.
In modo trucemente aziendalistico, mi viene da dire che la qualità del personale della Chiesa andrebbe migliorata e che finché i sacerdoti dovranno combattere in segreto, consumando tra l’altro una enorme quantità di energia psichica, con le loro pulsioni sessuali questo miglioramento mi pare molto difficile.