Come altre volte, propongo agli amici il mio ultimo articolo, con qualche accorciamento e aggiustamento, su Affari Italiani.
Ormai a molti osservatori (di recente un lucido intervento di Enrico Cisnetto sulla Newsletter TerzaRepubblica del 3 febbraio) sembra possibile e forse anche probabile una convergenza tra il Movimento 5 Stelle e i partiti di destra diciamo non moderata, quali Lega e Fratelli d’Italia. Posso dichiarare, per pura cronaca, che è una previsione che vado facendo da molto tempo, quando ancora i più ritenevano che il movimento grillino avesse una caratterizzazione prevalentemente contestativa contro il potere o i poteri, in soldoni di sinistra, e non invece popolare di destra.
Questa convergenza è certamente frutto di un inevitabile pragmatismo politico: infatti in un sistema tripolare e in vista di una legge di tipo proporzionale per forza due su tre si devono alleare tra di loro, altrimenti lo stallo e l’ingovernabilità sono senza soluzione. Ma costituirebbe anche l’approdo di una affinità ideologica e valoriale di fondo: sia i grillini che i salviniano-meloniani rappresentano le insicurezze e le paure della medio-piccola borghesia che, in situazioni di crisi importante, hanno sempre rappresentato la base dei movimenti di tipo, so che sto generalizzando brutalmente ma è per dirla in sintesi, fascisteggiante o comunque di destra aggressiva.
La cosa che conta, al di là dei proclami politici, è la base sociale e psicologica del consenso ai movimenti di massa di destra (oggi si dice populisti); questo è così ovunque. E oggi su questi terreni la convergenza tra M5S da un lato e destre ex padane o post missine dall’altro è reale, concreta e significativa. Questo processo è un bene, è un male? Ed è inevitabile, soprattutto considerando che a Bruxelles ormai non si fa altro che ballare sul Titanic, con una cecità stupefacente, mentre la nave Europa affonda?
Il voto popolare, come le sentenze, si rispetta ma si può anche discutere e, se questo schieramento si formerà e vincerà, si rispetteranno le urne e si scateneranno analisi, discussioni, opposizioni. Quello che mi sento di suggerire è che forse sarebbero più importanti delle discussioni serie con conseguenti strategie serie (per il paese) prima del voto, prima che eventualmente tutto questo avvenga, da parte delle altre forze politiche. Ma le parole d’ordine dovrebbero essere coesione, unità pragmatica e comunanza di valori di fondo anche tra forze su diverse posizioni ma accomunate dalla fiducia nella democrazia rappresentativa, nelle procedure elettorali pubbliche, nella libertà di parola. Ma su questa possibilità di colpo di reni da parte di queste forze il mio pessimismo è cupo.
Fonte foto: ilcapitalista.it