Si ripete sempre che i confronti a distanza nello sport sono impossibili per mille buone ragioni, tra cui anche la durata all’indietro della memoria visiva di chi fa i confronti, ma poi nessuno resiste alla tentazione di farli e magari di compilare le classifiche sui 5, 10, 100 migliori di tutti i tempi.
I “confrontatori” e “classificatori” meno giovani hanno il vantaggio appunto di una memoria più lunga, ma per contro possono essere un po’ annebbiati dal fascino sottile che tanto spesso hanno i ricordi. Credo sia il mio caso dopo l’ottavo trionfo a Wimbledon di uno dei più splendidi e amati (anche da me) campioni mai esistiti: Roger Federer.
Io, che ai meno giovani senz’altro appartengo, ho visto giocare Rod Laver. L’ho visto tante volte in televisione negli anni ’60 e ’70 ma soprattutto l’ho visto giocare dal vivo a pochi metri da me agli Internazionali d’Italia del 1971. Ed è stato sublime. Per la verità era sublime vederlo giocare anche nel bianco e nero televisivo, ma la sensazione che davano, stando lì di persona, i suoi colpi millimetrici, fantasiosi, oggi si direbbe creativi, ed elegantissimi era, per un amante del tennis, indicibile.
I confronti anche solo numerico-statistici tra il tennis attuale e quello di oltre quarant’anni fa, si sa, non sono possibili. Laver smise di giocare se non ricordo male per sei anni i tornei del Grande Slam perché a quell’epoca esisteva la divisione tra dilettanti e professionisti, che durò fino al 1968: le grandi star passavano ai lauti guadagni del circuito professionistico, mentre Wimbledon e compagni erano riservati ai dilettanti. E anche se la storia non si fa con i se, è pressoché certo che se Laver avesse continuato a giocare Wimbledon, Australian, US e Roland Garros dal 1963, anno in cui passò al professionismo, al 1968, anno in cui si cominciò con i tornei open aperti a tutti, avrebbe senz’altro vinto ben più degli 11 titoli dello Slam che gli sono accreditati: avrebbe avuto 24 occasioni in più per aumentare il suo palmares.
Del resto, quando rientrò nel giro dei tornei del Grande Slam nel 1969, ricominciò a vincere esattamente come prima; anzi nel 1969 vinse tutti i titoli del Grande Slam sia open che professional. E di Grandi Slam ne ha vinti due, unico nella storia. In tutto (ufficiosamente, dato che i titoli professional non sono riconosciuti dall’ATP) gli vengono attribuiti 24 titoli.
Fine della dotta dissertazione sui numeri. La domanda, di fascinosissima e irrisolvibile banalità, è: il più grande di tutti i tempi è Rod Laver o Roger Federer? (Non credo che ci sia qualcuno che ardisca proporre una terza candidatura). Certo vedere il gioco splendente, addirittura sempre più splendente man mano che passa il tempo, dello svizzero, contare i suoi 19 titoli dello Slam e i suoi 8 Wimbledon, è cosa che abbaglia e che sembra non abbia precedenti. Ma io ho visto giocare Rod Laver e mi concedo un abbandono al fascino sottile dei ricordi: nessuno come lui.