Karl Heinz Schnellinger è stato uno dei più forti difensori che io ricordi. Ha giocato quattro mondiali con la nazionale tedesca (all’epoca era quella della Germania ovest). E’ stato nominato calciatore tedesco dell’anno nel 1962, e si sa quanto sia difficile per i difensori ottenere questi riconoscimenti. Ha giocato poi molti anni in Italia e con il leggendario Milan di Nereo Rocco, come si usa dire, ha vinto tutto, compresa la Coppa dei campioni; la finale fu contro l’Ajax del giovane Cruijff. E’ stato un difensore duro e tenace, ma sempre corretto, un cavaliere senza macchia e senza paura.
Eppure nonostante tutto questo, la sua fama imperitura, per gli Italiani, resterà soprattutto legata al clamoroso goal, lui che non segnava quasi mai, che segnò al 90° minuto della semifinale Italia-Germania ai mondiali di Città del Messico nel 1970. L’Italia vinceva 1 a 0 e l’insostenibile imprevedilità del goal di Karl Heinz dette il via a quei 30′ di tempi supplementari che hanno fatto di quella partita una delle più famose di tutti i tempi.
Come tanti dei “miei tempi”, non ho dimenticato quegli anni e quei giocatori. Come tanti, ho indelebili nella memoria quelle formazioni che cominciavano con Cudicini, Anquilletti, Schnellinger o, dall’altro versante milanese, Sarti, Burgnich, Facchetti. E soprattutto non ho dimenticato quell’Italia-Germania 4 a 3.
Ma, proprio per quel goal che piombò per una mezz’ora l’Italia nel più profondo sconforto, è Schnellinger il giocatore che più di altri è rimasto nella memoria collettiva, è diventato un’icona nel ricordo dei non più tanto giovani e non solo. Conosco bene Daniela, una delle figlie di Karl Heinz; è una mia collega di lavoro da anni e, come il padre, ha scelto di vivere stabilmente in Italia. E quando andiamo da vari potenziali clienti a presentare la nostra azienda, appena lei si presenta c’è sempre, dico sempre, qualcuno che esita un po’ e poi chiede: “Ma lei è la figlia di quello Schnellinger…?”. Al “si” di Daniela segue sempre, dico sempre, la domanda ovviamente scherzosa e anche affettuosa ma che sembra sempre mascherare un’ansia mai scomparsa: “Ma che ci faceva suo padre nell’area di rigore italiana al 90’…?”. Ancora adesso, dopo 48 anni!
Daniela, che ama moltissimo suo padre, sorride ormai rassegnata: è figlia di una leggenda dello sport che quel giorno a Città del Messico ne ha combinata una che i nostri nipoti racconteranno ai loro nipoti.