Da quasi due secoli sinistra in politica significa stare dalla parte dei più deboli, cercare di elaborare soluzioni, democratico-riformiste o rivoluzionarie e poi spesso dittatoriali, per riequilibrare le disparità di potere e di ricchezza tra i componenti della società. A partire dalla seconda guerra mondiale, sia per l’operato dei partiti di sinistra che per quello dei partiti conservatori liberal-democratici, il mondo è sembrato andare nella direzione della crescita economica accompagnata da una più equa distribuzione delle risorse e da un maggior rispetto dei diritti dei lavoratori e più in generale delle fasce più disagiate.
Da un po’ di tempo, diciamo una ventina d’anni, le cose, parlo del mondo occidentale, hanno preso una direzione contraria: le disparità tra i ceti sono molto aumentate, il numero dei poveri cresce, il lavoro è meno garantito, lo sfruttamento sembra tornato a logiche da primo Ottocento. In Italia tutto questo si sta verificando più che altove.
E cosa fanno i popoli? Cosa fa, soprattutto, la stragrande maggioranza degli italiani? Vota a destra (do per scontato, almeno io la penso così, che affermare che destra e sinistra non esistano più è una sorta di superficiale e strumentale fake news, avvalorata per curiosi motivi anche da parte del centrosinistra italico).
Qualche giorno fa un amico di sinistra mi diceva: “Prendiamo ad esempio un quartiere periferico di Roma dove la vita è difficile, il disagio economico cresce e nelle strade sporche e dissestate circolano, sfaccendati e magari microcriminalizzati, centinaia di stranieri che proprio non riescono a inserirsi nel mondo del lavoro. Dagli elettori che abitano lì arriva un pentastellato e promette a chi non ha soldi un reddito di cittadinanza. Poi arriva un leghista e promette che caccerà via tutti i neri (clandestini? immigrati economici?) e non ne farà sbarcare altri; annuncia poi che taglierà clamorosamente le tasse. Entrambi spergiurano che tutti andranno in pensione prima e con più soldi, che ci sarà più sicurezza e che nessun politico ruberà più. Arriva poi un piddino e parla di calcolo delle detrazioni, di Europa, di 3%, di mercati, di equilibrio dei conti pubblici, di diritti civili, di jus soli (e magari di 80 euro). Secondo voi, chi vince?”
E se poi arrivano Grasso, D’Alema e i giovani già vecchi della vecchia sinistra che spiegano come ritrovare le “ragioni della sinistra”, in quanti saranno a dare retta a loro anziché ai tagliatori di tasse, aumentatori di pensioni, cacciatori di africani e distributori di soldi?
Al momento sembrerebbe che l’unica carta potenzialmente in mano per chi è “di sinistra” o più estensivamente liberal-democratico sia che gli altri non mantengano nulla o quasi di ciò che promettono. Allora si riaprirebbe l’ipotesi che in Italia possa ritornare a giocare un ruolo quel minimo di ragionevolezza e di seria tutela dei ceti più deboli di cui il paese ha disperatamente bisogno.
Ma se i (così detti) populisti si rivelassero non i raccontatori del paese dei balocchi ma coraggiosissimi innovatori e quindi mantenessero le loro promesse senza far decuplicare lo spread e far massacrare il paese dai (così detti) mercati, vivemmo tutti felici e contenti. E forse politicamente non ci sarà più partita almeno per i prossimi dieci anni.