Il PD, ormai sono tutti d’accordo meno il suo gruppo dirigente, sta dando di sé uno spettacolo sconfortante che non può non inquietare chiunque, sia di destra che di sinistra, abbia a cuore un più o meno normale svolgimento della vita democratica nel paese.
Complessi motivi storico-politici hanno contribuito a questa crisi. Ma sostengo da tempo che si tratta anche di una questione di “facce”. Non intendo ovviamente le facce “fisiche” degli esponenti del PD; intendo invece quel complesso di tono, espressione, taglio argomentativo, sensibilità, capacità di suscitare interesse ed empatia che, in soldoni, va sotto il nome di comunicazione (o forse anche di personalità, di carisma e di intelligenza politica).
Da questo punto di vista, ancor più che dal punto di vista delle inesistenti strategie politiche, la situazione è disperante. È difficile stabilire se tutti risultino antipatici e addirittura fastidiosi alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica perché non hanno contenuti da comunicare o se non riescano a comunicare nulla perché sono antipatici e fastidiosi.
Partecipando qualche giorno fa a un talk show televisivo su La 7, ho a un certo punto sostenuto, paradossalmente ma non troppo, che quando Martina va in televisione a dichiarare qualcosa perde 30 voti al minuto. Quando ci va Orfini ne perde 45. Ciò non vuol dire assolutamente disistima per le persone, che penso siano degnissime e capaci. Vuol dire che trasmettono una sensazione allontanante di fuori tempo e fuori luogo; ovviamente senza volerlo e senza far nulla di specifico in tal senso. È come se parlassero da un altro pianeta non essendo stati informati che i collegamenti con la terra si sono interrotti.
Martina risulta molto spesso arzigogolato, si infila in vicoli stretti e contraddittori, ritorna a formule politichesi dal sapore un po’ stantio. Ricorre a troppi sorrisi condiscendenti con i quali vuole sottolineare la giustezza e la palese evidenza delle cose vaghe che dice (della serie “noi progressisti e democratici ci capiamo”). Vuole suggerire, con la sua serenità razionaleggiante, la solita superiorità etica e culturale rispetto alla destra. Il tutto è tradizionalmente perdente, almeno in Italia.
Orfini ci aggiunge una insopprimibile acidità, che non può che peggiorare la situazione (memorabili le parole sul ministro Minniti). Renzi continua a far danni ormai come politicamente ottenebrato. D’Alema e Bersani ne hanno fatti quasi di più e poi se ne sono andati a conquistare per conto loro straordinarie percentuali elettorali. Calenda propone fronti da sempre sconfitti. Emiliano non sembra ancora aver capito chi deve attaccare e per cosa. Altri, per lo più, svaniscono.
Il tutto per partorire affermazioni tipo: il governo è di destra; c’è il pericolo di rigurgiti fascisti e altre cose per cui gli italiani non stanno nella pelle per l’interesse. Ma il PD, proclamano, farà la sua parte, discutendo in modo franco, democratico e progressista, se fare prima l’assemblea, poi le primarie e poi il congresso; oppure prima il congresso, poi l’assemblea, poi le primarie; oppure prima le primarie, poi l’assemblea, poi il congresso; se ci deve essere un pre-segretario, un reggente provvisorio-permanente, un post reggente-segretario, etc.
Si può fare qualche cosa? Si possono trovare e magari anche formare dei nuovi leader all’altezza di tempi? Qualcuno al Nazareno ha il vago sospetto che il problema esista?