Un paio di settimane fa l’ospite principale della trasmissione di Lilli Gruber su La 7 è stato Matteo Renzi, con il superpresenzialista televisivo Antonio Padellaro come contraltare giornalistico. E ancora una volta sono rimasto letteralmente stupefatto dall’assoluta impermeabilità dell’ex premier rispetto a qualsiasi presa di coscienza su quello che gli è accaduto.
Non ho proprio intenzione di maramaldeggiare nei confronti di uno sconfitto attualmente vilipeso un po’ da tutti. Posso dire onestamente che tutta una serie di impietose considerazioni sul cieco e testardo modo di fare di Renzi le avevo scritte ben prima non solo delle elezioni ma anche del referendum. Posso anche autocitarmi con la tipica vanità un po’ scioccona di chi azzecca una previsione: a p. 238 del mio ultimo libro gli avevo pronosticato il 18% dei voti alle elezioni di qualche mese dopo.
Quello che mi ha di nuovo colpito è appunto il senso di impermeabilità, di sordità che Renzi continua inesorabilmente a trasmettere. E la cosa si traduce in una “tragedia della comunicazione” (vale a dire: come apre bocca si fa danno) proprio da parte di un politico che all’inizio della sua carriera nazionale si era imposto come un comunicatore ai limiti del fenomenale.
Quando Padellaro gli ha chiesto, e lo ha fatto invano più volte, se aveva riflettuto, se si era fatto un’idea dei motivi della disfatta politica del PD e sua personale, Renzi non ha mai risposto. Ha invece continuato a ripetere quasi con monotona ossessione quali sono gli errori e le nefandezze che l’attuale governo secondo lui sta commettendo. Sempre ritornando, in maniera non si sa bene se straziante o irritante, su quello che invece di buono aveva fatto lui e che il popolo (bue?) non aveva apprezzato, intortato dalla scorretta malizia dei suoi oppositori.
Su questo blog ho affermato, qualche tempo fa, che il PD sta rovinosamente rovinando anche e soprattutto per una questione di facce, di persone, di non carisma; ho detto che Martina e Orfini ogni volta che dichiarano qualcosa in tv perdono parecchi voti al secondo. Renzi era diverso e non ha certo governato peggio di chi lo ha preceduto e di chi lo ha seguito.
Ma ormai il suo caso è il più grave e sembra più psicologico che politico. Sarebbe invece una mossa felice, per lui e per il partito, se per un po’ sparisse dalla scena, dai social, dalla televisione (e con lui, assolutamente, si dovrebbe dematerializzare per un po’ l’on, Maria Elena Boschi). Come appare davanti a una telecamera, si ha la sensazione che subito si rinfocoli l’aggressività dei nove decimi del paese contro di lui. Ed è sensazionale il fatto che lui non sembri minimamente rendersene conto.