E’ stato già detto (quasi) tutto. Con censurabile vanità, però, mi autocito. Nel 2018 pubblicavo un libro, Comunicazione e politica, in cui tra l’altro e credo unico, intravedevo, prima delle elezioni, un governo Lega – 5 Stelle. Esaminando poi criticamente la comunicazione dei leader, dicevo di Giorgia Meloni, all’epoca su percentuali bassissime:
” Meloni è una delle pochissime figure di spicco … che sentiamo parlare come una persona che vuole ragionare e argomentare le sue idee … che non spara semplificazioni sommarie e provocatorie, che non è sguaiata e che … risponde alle domande senza svicolare e senza aggredire l’ospite di altra parte politica. E senza apparire supponente, senza il sussiego, fastidioso per molti spettatori, di tante micro prime donne della sinistra. Questo nelle sedi in cui l’ho vista all’opera (in sostanza la televisione). Non so cosa dica e come si comporti tra i suoi e nelle piazze”.
Insomma, avrebbe fatto strada, e più in base alla mia “teoria delle facce”, cioè dell’appealing comunicativo, che non per i suoi contenuti.
Per concludere questo primo breve consuntivo sulla comunicazione politica: stupisce per contro il pervicace intestardirsi della sinistra su front women e front men dimessi ripetitori di strategie contenutistiche ed espressive “fuori tempo massimo”, su comunicatori tristi e senza una scintilla di novità strategica e di espressività coinvolgente. La cosa sembra senza rimedio. Ne dirò di più la prossima volta.
AB